Gioco d’azzardo, quando diventa una dipendenza

di Redazione 1

Il gioco d’azzardo, come conferma anche l’elevato volume d’affari, piace molto agli italiani, forse troppo. Il quadro, infatti, appare preoccupante, come rivela un’indagine condotta dall’associazione Libera. L’Italia, sarebbe il primo paese in Europa, nonché il terzo a livello mondiale, per fatturato derivante da giochi, che ogni anno fruttano alle casse dello stato all’incirca 76 miliardi di euro.

Somme che hanno fatto meritare all’Italia il soprannome di “Azzardopoli”… E’ come se ogni cittadino, infatti, neonati compresi, spedesse ogni anno quasi 1.300 euro tra gratta e vinci, slot maschines, lotterie, macchinette, e quant’altro. Dal punto di vista sociale, il fenomeno sta assumendo un volto sempre più inquietante. Si stima che nel nostro paese ci siano circa 800 mila persone dipendenti dal gioco, e una buona fetta di queste, è rappresentata proprio dai giovani.

L’ossessione per il gioco d’azzardo, può facilmente trasformarsi in una patologia vera e propria. Non esiste un profilo di personalità specifico particolarmente predisposto alla dipendenza dal gioco, bensì alcuni tratti che coincidono più o meno con quelli osservati in altri tipi di dipendenza, quali la mancanza di autocontrollo, la bassa autostima e gli elementi che costituiscono la personalità limite, narcisistica e antisociale. Inoltre, il fenomeno sembra essere ulteriormente aggravato dalla possibilità offerta dal web di scommettere 24 ore su 24 su qualunque tipo di evento, dal poker alle corse dei cavalli.

E’ possibile suddividere i giocatori d’azzardo per azione e per fuga. I primi hanno perso il controllo sul loro modo di giocare, il gioco è per loro l’unica cosa nella vita. I secondi invece trovano nell’attività di gioco sollievo da sensazioni di ansia, solitudine, rabbia o depressione e usano, quindi, il gioco d’azzardo per sfuggire da crisi o da difficoltà.

Per dire No all’ossessione del gioco, il primo passo è quello di riconoscere che si tratta di una malattia. Uscirne fuori da soli, purtroppo, non è possibile, ma è necessario l’intervento di persone competenti, psicoterapeuti e psicologi.

Photo Credit|TuttoMamma

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