La patologia del giocatore dipendente o gambler

di Redazione 0

La patologia del giocatore dipendente (gambler) è tipica dell’ individuo che non ha più il controllo del proprio  divertimento al gioco, rendendo questo una necessità irrefrenabile tanto che necessita un’immediata risposta, a discapito di qualsiasi altra situazione sociale, economica e familiare.

Si tratta per lo più di giochi d’azzardo o di scommesse, i quali sono pienamente legali e nella maggior parte del mondo. Questa dipendenza è dovuta ad un disturbo che inficia la capacità di controllo degli impulsi.Vulnerabile alla tensione emotiva, il soggetto trova sollievo solo dedicandosi al gioco.
L’attività di gioco annulla qualsiasi altra condizione, intensi sono pensieri ed azioni relativi al senso di colpa e al bisogno di appagamento che solo la dipendenza sembra dare. La dinamica si ripete sempre uguale: se va male, il giocatore tenta di riguadagnare quanto perso, mentre se vince tende ad alzare la posta e a giocare sempre di più, considerandosi fortunato per quel giorno.

Ciò che rende tale ossessione insidiosa è che di solito, per recuperare quanto si è perso, si tende ad aumentare il piatto proprio nel momento in cui si sta perdendo piuttosto che quando sta vincendo. Inoltre quando il gambler tenta di non giocare, si mettono in moto una serie di sintomi da astinenza dal gioco, tra cui non sono esclusi sintomi di tipo depressivo, ansia ed aggressività.
Non è possibile un “indentikit” del soggetto specifico che può soffrire di una dipendenza da gioco.

Di solito però, si tratta di individui in cui in letenza sono presenti tratti di personalità narcisistica od antisociale. Il fragile autocontrollo e l’incapacità ad affrontare le situazioni giornaliere possono favorire il manifestarsi di tale patologia.
I giochi che inducono più facilmente ad acquisire questa dipendenza, sono quelli vi è un’immediata riscossione del premio in seguito ad una scommessa.
Maggiormente sono colpiti gli uomini in età giovanile ed intorno ai 40 anni, mentre la fascia di età delle donne è tra i 40 ed i 50 anni.

Di fatto, il rischio è per tutte le fasce d’età che hanno la possibilità di accesso ai giochi. Anche se pare che tale fenomeno, nel nostro Paese sia in aumento tra i soggetti anziani.

Più il fenomeno patologico si fa pressante, così vi è un definitivo tracollo delle condizioni economiche, sociali, familiari e lavorative del gambler, senza che però vengano poste delle soluzioni in merito. Si deteriorano inoltre anche i normali processi di tipo cognitivo e l’affettività si appiattisce.

E’ un crescendo di dolore: il rovinoso precipitare sociale del gambler comporta una fase di disperazione non disgiunta il più delle volte alla perdita del lavoro e all’angosciosa pressione dei creditori. Non è inusuale tra l’altro un conflitto familiare dovuto proprio a questa situazione.

Il trattamento psichiatrico pertanto deve avere come unico obiettivo la risoluzione del problema che, di solito, non solo viene sottovalutato dal giocatore ma anche dai familiari fino a quando la situazione non degenera completamente e non è più possibile negare l’evidenza o tacere. Come in tutti i processi psichici, solo la consapevolezza del giocatore a voler risolvere tale problema può aiutarlo ad iniziare un trattamento che sia realmente efficace.

La terapia in genere, per tale problema, contempla trattamenti combinati. Quello farmacologico si occupa sia della compulsione al gioco che dei i sintomi depressivi. E in più si può ricorrere ad associazioni di psicoterapia di gruppo che forniscono un importante supporto psicologico. Le tecniche cognitivo-comportamentali sono finalizzate ad  una rivalutazione delle priorità del soggetto, per il quale devono essere riformulati gli schemi di vita che riguardano la famiglia, la vita sociale, il lavoro ed il tempo da dedicare al riposo. Se seguito con coscienza e reale volontà di guarigione, il trattamento combinato consente di avere buoni risultati.