Cosa pensò Tolstoj la notte che andò via, fuggendo di casa?

di Redazione 0

Vi è un libro bellissimo di Vladimir Pozner: Tolstoj è morto, dove si narrano, su base documentaria, gli ultimi momenti del grande scrittore, dopo la celebre e disperata fuga da casa. La bella notizia è che viene ripubblicato da Skira un altro libro che tratta lo stesso argomento, uscito anni fa per Einaudi: La fuga di Tolstoj di Alberto Cavallari. Il tema non cambia, le differenze sono nelle analisi.

Pozner propone una ricostruzione basata su fatti precisi, nonostante l’impianto sia di tipo narrativo. Cavallari ci presenta un vero e proprio racconto dunque, anch’esso fa riferimento alle circostanze ma a quelle reali rinuncia e non se ne serve per ricostruire lo stato d’animo di un tale genio. Qual’è la ragione eper cui lo scrittore fuggì? Sicuramente avvenne una concatenazione di timori pratici, di insoddisfazione personale, di contrarietà sulle richieste della famiglia nella tenuta di Jasnaia Poljana che doveva essere un piccolo paradiso e che invece s’era trasformata in un luogo di risentimento e dolore:

Una vita tempestosa, piena di giornate nere, dominata da una crisi familiare più grave delle precedenti.

E’ la fine di ottobre del 1910, la notte è scesa anche in casa ed è buio e fa freddo di un inverno precoce. Lo scrittore intravede la moglie che attraversa la sua stanza, cerca qualcosa tra le sue carte. Come una frustata in pieno viso ne avverte il disgusto. La decisione finale viene probabilmente presa in quelle ore. Con la figlia Sasha, si reca da una sua amica e dal medico Makovickij, Tolstoj sale in carrozza e fugge come un ladro:

Dietro la sua carrozza scompariva per sempre Jasnaja Poljana. Era stato l suo mondo per 82 anni…

Il grande vecchio si infila poi su un treno diretto a sud. I treni gli lasciavano una strana angoscia dentro

Erano sempre apparsi nelle sue pagine come simboli lugubri e neri della disperazione. Il fumo, il fragore delle ferraglie, il fischio nelle campagne vuote…

Quel treno invece non dispiace al vecchio scrittore, il regolare scorrere e battere delle ruote sui giunti, lo conduce dove non è dato saperlo ma di certo verso la libertà

Una fuga dalla morte, una fuga/rivolta, una fuga/libertà.

Il viaggio si chiude come non ci saremmo mai aspettati, in una stazione sperduta nella grande Russia, Astàpovo. In quel luogo il vecchio perderà la vita e proprio un secolo fa, di questo però Cavallari non ne parla, ciò che gli riguarda raccontare, che vuole raccontare è come

Tolstoj fuggisse, non come sia morto.

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