Gli animali provano sentimenti “umani”, alcuni tentano anche il suicidio

di Redazione 0

La notizia quest’estate ha destato clamore, due cani infatti nel giro di pochi giorni due cani si sono precipitati nel vuoto dai balconi di due appartamenti.

Uno a Roma, un Dogo argentino e un altro nella zona di Merano, un Perro de presa canario. Si è dunque subito parlato di suicidio. Gli esperti però hanno smentito categoricamente si tratti di questo, definendola una “Sindrome da stress da distacco affettivo“.

Tanto da aver fatto dichiarare ad Ilaria Ferri, direttore scientifico dell’Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali)

Molto più probabile, semmai che abbiano sofferto terribilmente per il distacco emotivo e di inquietudine, sfociato in quei gesti.

La stessa opinione, l’ha avuta anche l’etologo Giorgio Celli, grande esperto della vita animale e vegetale (recente è la sua pubblicazione Le piante non sono angeli, per Baldini Castoldi Dalai editore) che ha spiegato che

Credere all’ipotesi del suicidio, significa presuppore che i cani conoscano la morte come la intendiamo noi, e dubito  fortemente che sia così. Quei voli dai balconi somigliano ai suicidi, è vero, ma con quel gesto estremo hanno in comune solo la disperazione dell’atto. Erano cani disperati perché pensavano che l’assenza del padrone non fosse temporanea ma assoluta. E allora hanno tentato la fuga, forse per ricongiungersi agli affetti che ritenevano perduti per sempre.

Non si può escludere però l’ipotesi che non esista il suicidio tra gli animali e non lo esclude neanche Ilaria Ferri che ha reso noto la storia avvenuta in Giappone, di un grosso cetaceo, della famiglia delle orche, che estenuato dai soliti giochi da circo, ha cercato di scappare dalla piscina nella quale era costretto a divertire i turisti, “rischiando volutamente la morte”. In che modo? Semplicemente, dopo il salto, si è diretta consapevolmente fuori dal bordo della vasca, anzichè dentro.

Per Ilaria Ferri:

Molti uomini non si rendono conto che maltrattare un animale non è solo picchiarlo o affamarlo, ma soprattutto privarlo del suo spazio vitale. Non a caso, certi esemplari in cattività manifestano forme di autolesionismo anche molto spinte, come tic o “scioperi della fame”. Ci sono felini che si auto-mutilano strappandosi il pelo a ciuffi, orsi che si costringono a camminare eternamente in circolo, in uno spazio ristrettissimo anche se trasferiti in aree molto più grandi. Come se si volessero umiliare, ripercorrendo la circonferenza della loro precedente piccola prigione.

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