Stress da lavoro, fattori di rischio

di Redazione 4

Torniamo sull’argomento stress da lavoro, imparando a conoscere meglio quella che, per effetto del decreto legislativo 81/2008 e sue successive modifiche con d.lgs. 106/2009, è a tutti gli effetti una malattia professionale riconosciuta e non più trascurabile.

Uno strumento utile la guida realizzata dall’Isples, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, dal titolo Stress e Mobbing, pensata per psicologi, psichiatri e medici di famiglia ma interessante e chiara anche per i non addetti ai lavori e per chi vuole saperne di più su come riconoscere i sintomi e le conseguenze dello stress correlato al lavoro.

Ieri abbiamo parlato di eustress e distress, ovvero di stress positivo e di stress negativo, la prima una forma quasi vitale di reazione all’esistenza, la seconda disfunzionale, con ripercussioni fisiche, cognitive, emozionali e comportamentali. Ma quali sono i rischi psicosociali e le situazioni più critiche per lo sviluppo di stress sul luogo di lavoro? Secondo l’analisi effettuata dall’Università di Nottingham su commissione della European Agency for Safety and Health

i rischi psicosociali includono quegli aspetti della progettazione del lavoro e della organizzazione e gestione del lavoro e il loro contesto sociale ed ambientale che hanno la potenzialità di causare danno psicologico o fisico.

T. Cox e A. Griffiths, coordinatori dello studio, hanno individuato alcune categorie di variabili potenzialmente pericolose in base alle carattestiche dell’impiego, all’organizzazione ed all’ambiente di lavoro. Per quanto riguarda la funzione e cultura organizzativa i fattori di rischio vengono elencati in elementi di disagio come

Scarsa comunicazione; bassi livelli di sostegno nella risoluzione di problemi e sviluppo personale; mancanza di
definizione degli obiettivi organizzativi.

Per quanto concerne il ruolo dell’organizzazione variabili pericolose sono l’ambiguità ed il conflitto di ruolo nonché la responsabilità per i dipendenti. A pesare nel contesto lavorativo dell’evoluzione della carriera sono invece fattori come

Incertezza o fase di stasi per la carriera, promozione insufficiente o eccessiva, bassa retribuzione, insicurezza dell’impiego, scarso valore sociale attribuito al lavoro.

Nell’ambito dell’autonomia decisionale pesa la partecipazione ridotta alle decisioni e la mancanza di controllo sul lavoro. Per quanto riguarda i rapporti interpersonali a minare l’equilibro psicosociale sono l’isolamento, i rapporti limitati con i superiori, i conflitti sul lavoro con i colleghi. Altra variabile non trascurabile di stress inteso come malattia professionale è rappresentata dall’interfaccia famiglia-lavoro:

Richieste contrastanti tra casa e lavoro, scarso appoggio in ambito domestico, problemi di doppia carriera.

[Fonte: Isples stress e mobbing]

Commenti (4)

  1. Ogni singola mattina. Il tempo di svegliarsi, alzarsi e cominciava. Ricordo di aver provato una sensazione simile quando ero ragazzino, ai tempi delle superiori. In occasione di qualche compito in classe o interrogazione, dalle prime ore del mattino avevo un’ansia inspiegabile, quasi paralizzante.
    E ora succede esattamente la stessa cosa, non appena mi ricordo che devo andare al lavoro. Solo che a scuola era ogni tanto, ora è 5 giorni su 7. E ora sono anche un uomo adulto, quindi si presuppone che dovrei saper gestire un po’ meglio queste cose. Invece per nulla: molto lavoro, tutti i giorni, ed ovviamente ero quello preso di mira dal capo. Nemmeno sognarsi un aiuto dai colleghi: anche se leggevo un filo di compassione e solidarietà, il pensiero dominante era “meglio a lui che a me”.
    Grazie alla crisi, nessuno di noi si può permettere di perdere questo lavoro.
    Ho dovuto cercare altre soluzioni, visto che licenziarmi non mi pareva una grande idea nel mio caso. Non avevo voglia di partire con qualcosa di troppo invasivo, allora ho comprato un videocorso su Aspeera.it (questo, per la precisione: Raccolta video a tema: supera ansia e stress). Ci ho trovato dentro un sacco di suggerimenti interessanti per gestire un po’ meglio quell’ansia mattutina. No, i miglioramenti ci sono stati, ma sono ancora quello preso di mira dal capo, questo non posso dirvi che sia cambiato. Ma almeno quando torno a casa ho trovato il modo per staccare veramente la spina da questa situazione, e quando ci devo rientrare non l’affronto più con terrore e angoscia. Faccio quello che devo fare come reputo giusto farlo, senza quei condizionamenti che pensavo esterni, ed invece ho scoperto partivano proprio da me.

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