Aumento dei controlli su stress da lavoro

di Redazione 1

Aumentano i ritmi serrati quotidiani ed aumentano le dosi di stress. Sempre più crisi dei lavoratori, sempre più richieste di aiuto da parte degli psicologi secondo le indagini effettuate dal Censis sugli interventi fatti dalle unità operative psicologiche.

Lo stress è quello che ci portiamo dietro dal lavoro e soprattutto dai crolli quotidiani tra un caffe ed una sigaretta. Continuando a parlare di lavoro, purtroppo, quotidianamente si abbassano le nostre difese e creiamo un tunnel poco distensivo di problemi che si scarica sulla nostra saluti.

Le donne sono sempre le più stressate secondo le statistiche, per la minore sopportazione dello stress. A spiegarlo è la dottoressa Letizia Grossi, specialista in psicologia del lavoro presso il Dipartimento di Salute Mentale di Modena:

“La prima cosa che chiedono quando arrivano da noi è sempre la stessa: ‘Dottore perché mi è successo?’ è il quesito da cui partiamo per aiutare chi sta scivolando dall’ansia alla depressione e all’esaurimento. Alcuni non arrivano a prenderli in tempo e non sempre riusciamo a tirarli fuori da quel tunnel di solitudine in cui sono finiti”.

Questa di conseguenza è la nuova problematica sociale, la malattia che sta nascendo sul lavoro e che crea difficoltà all’individuo. La tutela legale, arriverà tra circa 6 mesi, quando scatteranno gli accertamenti ed i precetti da parte delle AUSL nei confronti delle aziende. Su questa parte, ci confrontiamo con la neo dottoressa Isabella Montefiori:

“Per molti è un dramma umano. Le persone contattate erano tutte in aziende medio grandi, anche con più di cento dipendenti, almeno dieci anni di anzianità e che in precedenza non si erano mai rivolte a uno psicologo. Lavorano in aziende private ma sono numerosi anche dipendenti della pubblica amministrazione e della grande distribuzione, alle prese con ridistribuzioni di incarichi, nuove organizzazioni decise dalla sera alla mattina senza tener conto dei risultati raggiunti sino a quel momento; si ritrovano a fare i conti con una precarietà che non immaginavano e sotto cui rischiano di soccombere. Per questo arrivano da noi e tornano per mesi”.

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