Mettersi in proprio, scopri se sei portato per il lavoro indipendente

di Redazione 1

Il libero professionista chi è, perché lo è, come si organizza, come vive? Sappiamo che è l’unico lavoratore al mondo che può insultare il suo capo senza rischiare di perdere il posto, a scapito di un po’ di autostima magari perché è alle dipendenze di se stesso. Scherzi a parte, come sapere se mettersi in proprio è la strada giusta da percorrere?

Al di là dei fattori economici e pratici ci interessa sapere se esistono delle persone dall’indole più incline al lavoro indipendente e altre che invece non sono abbastanza produttive se lasciate libere di autogestirsi il tempo, il carico di impegni, una professione. Come dipinge la psicologia il profilo ideale di un freelance?

Il libero professionista non sopporta l’idea che qualcun altro gli programmi la vita, è una persona che lavora meglio ed è decisamente più produttiva senza ricevere pressioni dall’alto. Deve possedere la capacità di saper gestire il tempo a disposizione senza cullarsi sugli allori sapendo che non esiste alcun supervisore.
D’altro canto, deve anche possedere la capacità di saper staccare la spina e concedere tregua all’io stressato dal lavoro. A volte non c’è capo più intransigente e pignolo di se stessi. Lavorare per se stessi non significa non andare mai in vacanza: da dipendenti trascorrereste tutta la vostra giornata, notte e festività incluse,  insieme al vostro capo? E ora che siete liberi perché dovreste farlo? Dunque, ricapitolando, il libero professionista sa organizzarsi e gestire il suo tempo ma riesce a separare l’io capo dall’io che ha bisogno di prendersi una pausa. Non dimentichiamoci infatti che lo stress sul lavoro, o causato da un superiore o autoinflitto, è sempre dannoso per l’equilibrio psicofisico.

Il lavoro da libero professionista fa per te se proprio non sopporti le gerarchie, i diktat e riesci ad organizzare il tuo tempo e gli impegni, a non essere troppo indulgente con te stesso ma nemmeno troppo rigido. Ci sono alcune persone che proprio non sono fatte per lavorare in proprio nel senso che producono maggiormente se qualcuno le segue, le stimola di continuo, dà loro delle scadenze precise.

Quando fai parte di una squadra, spiega lo psicologo Daniel Fisher, ti puoi nascondere all’interno di un insieme ma quando sei indipendente sei da solo e devi riuscire ad affrontare prima di tutto te stesso. Bisogna essere consapevoli di se stessi al punto da riuscire a convincere anche gli altri delle proprie capacità ma allo stesso tempo non bisogna farne una questione personale se qualcosa va storto con un cliente o un affare va a monte.

Altra capacità importante è riuscire a tenere a bada  le distrazioni. Spesso gli altri sono convinti che il nostro lavoro indipendente ci consente di prenderci più pause, di avere più tempo rispetto a chi ha gli orari schedulati e questo ci  influenza al punto che concediamo più spazio di quello che dovremmo a queste richieste. Nessuno chiamerebbe mai un amico a lavoro pensando che può stare un’ora al telefono tranquillamente. Ma se l’amico è nel suo negozio o lavora a casa piuttosto che nel suo studio allora si pensa di poterlo disturbare, tanto chi gli dice niente, è lui che comanda, no? Ecco, questo è quello che pensano gli altri e non ci deve influenzare altrimenti arriveremo a crederlo anche noi e ci faremo distrarre rimandando il lavoro e non saremo buoni amministratori del nostro tempo. Chi lavora in fabbrica o in un ufficio con tanti colleghi che lavorano alle scrivanie vicine è circondato da altre persone che lavorano, una full immersion di stimoli alla produttività. Chi lavora per conto proprio (non tutti, poi dipende dai lavori)  è invece circondato spesso da gente che fa tutt’altro e da un ambiente non professionale che distrae, per questo deve saper resistere, essere capace di non cedere alle continue tentazioni di interrompere.

Altri requisiti, secondo gli esperti, di un libero professionista: forza di volontà, concentrazione, determinazione, capacità di lavorare per obiettivi concreti senza rimandare a domani o farsi spaventare dal poco tempo a disposizione. Quando qualcuno ci dà una scadenza e non ci offre scelta, per quanto imminente, sappiamo che dobbiamo rispettarla e diamo il massimo. Se siamo noi a dover fissare la stessa scadenza a breve termine potrebbe invece capitare di pensare: “Peccato, se avessi avuto più tempo a disposizione lo avrei fatto!” e dunque scegliere di rinunciare. Un ottimo esercizio per imparare a non mollare è premiarsi con del tempo libero: “Prima finisco questo lavoro e prima mi faccio un bagno caldo”; “Se concludo questo affare, mi concedo un fine settimana di vacanza” e simili, puntando sui vostri hobby e ricompense preferite. L’essenziale è saper gestire l’autonomia a proprio vantaggio, come punto di forza e non a discapito di guadagno e realizzazione professionale. Afferrato questo concetto, si apriranno molte strade e non ci sarà nessuno a dirvi quale prendere: una sensazione di euforia impagabile da incanalare in un percorso personale ricco ogni giorno di nuove esaltanti sfide con noi stessi.

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