Figlio unico, è un bene?

di Redazione 1

Assistiamo e  da un pò ad uno dei cambiamenti sociali più evidenti dell’ultimo secolo e che investe la famiglia. Abituati fino a trent’anni fa ad un parentado esteso e alla struttura patriarcale, ci ritroviamo sempre più spesso oggi ad una di tipo “nucleare”, composta di pochi elementi. Infatti il numero dei figli per famiglia si è notevolmente ridotto e oggi è facile riscontrare che sempre di più coppie che decidono di avere un solo figlio, con il proposito evidente di poter curarlo con maggiore attenzione e rispondere meglio ad ogni suo bisogno.

A tutt’oggi non è possibile però ottenere un oggettivo punto di vista sul positività o meno dell’essere figli unici come del non esserlo e la risposta è semplice:  il figlio unico non può naturalmente sapere cosa signichi avere dei fratelli, così come chi li ha non può comprendere fino in fondo come ci si senta ad essere figlio unico
Del resto entrambe le condizioni presentano vantaggi e svantaggi, a seconda dell’età di riferimento.

Nell’infanzia, le “opportunità” che normalmente sono attribuite alla condizione dell’ essere figlio unico sono nella maggiore attenzione che spesso questi ricevono dai genitori e dai parenti. Da ciò ne deriva anche una serie di vantaggi materiali.

Questa è la ragione per cui alcuni considerano la condizione del figlio unico come quella di  “bambino viziato“, mentre in realtà a renderlo tale sono esclusivamente i genitori. Il gap dell’ essere figlio unico nell’infanzia, è dato dal fatto che se la famiglia non è monoreddito ed entrambi i genitori lavorano, il bambino sarà affidato alle cure di altre figure di riferimento, come i nonni o i  baby sitters. Se da una parte, il confronto con le persone adulte lo matura precocemente e ne migliora la ricchezza del vocabolario, è pur vero però che la mancanza di contatti costanti con i propri coetanei, priva questo bambino di fondamentali esperienze comunicative e sociali che hanno un peso determinante nello sviluppo emotivo e cognitivo. Per questo è molto importante inserirlo al più presto al nido.

L’adolescenza di solito è un momento estremamente delicato per questi individui. La difficoltà è dovuta essenzialmente al fatto che la spinta centrifuga verso l’autonomia e l’individuazione dell’adolescente entra in conflitto con la tendenza centripeta della famiglia, soprattutto nelle situazioni in cui la figura materna si riveli estremamente protettiva e non sia in grado d’accettare le istanze del figlio e consideri il bisogno di autonomia di quest’ultimo come un rifiuto.

Se inoltre la coppia si ritrova ad affrontare l’adolescenza del figlio nella mezza età, le dinamiche si fanno ancora più complesse e delicate. Sentendosi più vulnerabili i genitori potrebbero tendere a coraggiare il processo di emancipazione di quest’ultimo, rischiando di non farlo crescere.

Inoltre per il figlio unico lo svantaggio maggiore a quest’età è dato proprio dalla mancanza di complicità da parte dei fratelli e delle sorelle e di dover combattersi ogni cosa da solo.
Il rischio maggiore però consiste nella tendenza di questi genitori a riversare sul figlio moltissime aspettative: questo comporta che egli abbia più a cuore la felicità dei propri genitori che la soddisfazione e realizzazione del sè, rischiando di essere poco autentici e molto confusi.

In età adulta infine il supporto e il conforto di fratelli e sorelle ritorna prezioso in prospettiva dell’invecchiamento dei propri genitori, non si è soli a fronteggiarla, così come l’eventuale malattia ed infine la scomparsa e soprattutto consente di non sentirsi smarriti dinanzi al peso emotivo della loro perdita.

Certo, nella vita molte cose possono accadere, esserci incomprensioni, litigi, divisioni per ragioni affettive e patrimoniali, ma di solito il legame fraterno è molto forte e permette il superamento di tanti problemi e difficoltà.

Per le coppie che non sanno se dare o meno un fratellino o una sorellina al proprio bambino, è importante che ragionino non tanto sul fatto che il bambino senza, possa crescere viziato o che si senta solo, bensì che si chiedano in onestà quanto siano in grado di affrontare un nuovo investimento emotivo, materiale e fisico, senza sentirsi in colpa se si realizza che per questo non si è pronti.

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