Autostima a terra e stress alle stelle per 3 insegnanti italiani su 4

di Redazione 2

Classi troppo affollate, risale alle scorse settimane la polemica sulle aule-pollaio degli istituti italiani. Quella consapevolezza, frustrante, di non riuscire a seguire tutti gli alunni come meriterebbero. La scarsa presenza delle famiglie nel percorso educativo-didattico. Senza contare il precariato, i trasferimenti dopo appena un anno, da un istituto all’altro, che impediscono di iniziare ad instaurare un rapporto duraturo con la propria classe, non solo a livello didattico, ma anche umano.

Questo e tanto altro alla base del crollo di autostima registrato dagli esperti negli ultimi anni tra i docenti italiani. Pensate che solo l’1% si ritiene di fondamentale importanza per l’educazione dei giovani.
Ce ne parla il dottor Vittorio Lodolo D’Oria, esperto del Disagio Mentale Professionale (DMP) negli insegnanti.

D’Oria, medico ematologo responsabile dello sportello informatico per gli insegnanti in crisi, nonché maggior esperto nazionale di burnout, ha interpellato, nel corso del 2010, un campione di 5.264 docenti, svolgendo 56 incontri e toccando 13 Regioni.
E’ emerso, dalla somministrazione di questionari al corpo docente, che tre insegnanti su quattro si sentono stressati dal lavoro logorante.

Spiega D’Oria che di questo diffuso malessere sono imputabili, in primis:

Le tantissime riforme sulla scuola degli ultimi anni; i ragazzi e i genitori sempre più difficili da gestire. Ma anche la globalizzazione, le nuove tecnologie e tutte le novità degli ultimi anni mettono in crisi i docenti.

Ma non ci sorprende affatto scoprire che a stroncare la gratificazione personale e l’autostima degli insegnanti ci sia un altro fattore, sottovalutato, a torto, ovvero lo scarso riconoscimento sociale del lavoro svolto.

Le donne appaiono più a rischio per lo stress da lavoro correlato. Appena il 27% degli insegnanti italiani si dichiara sereno, e come si può gestire una classe se mancano le condizioni ambientali e psicologiche per un compito così gravoso? Sotto accusa anche il Patto di stabilità (o instabilità, sarebbe il caso di definirlo). Le amministrazioni comunali stentano ad erogare i servizi assistenziali che, seppur a fatica, riuscivano a garantire un tempo, e il peso si sposta, drammaticamente, tutto sulle spalle dei docenti.

In Italia nessuno se ne occupa, prosegue D’Oria. Al contrario, in Francia viene messo a disposizione del corpo docente uno psichiatra ogni 300 insegnanti. Anche Germania e Giappone hanno sollevato il problema. Problema non certo trascurabile se recenti studi hanno registrato, negli USA, un incremento dei tumori proprio tra gli insegnanti.
Maestri e maestre d’Italia, professori e professoresse all’ascolto, è ora di parlarne, utilizzando ogni canale. Fatevi sentire, raccontateci il vostro disagio. Prendere coscienza di un problema, denunciare le criticità del sistema in cui vi trovate ad operare è il primo passo per cercare, e pretendere (dalle Istituzioni) una risposta, avviando ed esigendo un cambiamento.

Commenti (2)

  1. noi arrabbiati contro bersani pierluigi italiano

  2. Sono un’insegnante di scuola primaria quasi sessantenne, sicuramente affetta da forte stress causato dal completo stravolgimento delle condizioni di lavoro degli ultimi anni (aumento spropositato del numero degli alunni per classe, con contemporaneo azzeramento delle compresenze, inserimento di alunni stranieri, in qualsiasi periodo dell’anno scolastico, in parte o TOTALMENTE non italofoni, sostituzioni coatte di colleghi assenti, attuazione di PDP per DSA, ADHD, e/o BES…).
    A tutto ciò si aggiunga la maleducazione e strafottenza imperante degli alunni e relativi genitori e la consapevolezza di essere COSTRETTA a prestare ancora servizio per chissà quanto tempo ancora, visto che nel 2014/15 si tornerà a rivedere la normativa pensionistica secondo le aspettative di vita.
    Ritengo che sia semplicemente PAZZESCO considerare l’insegnamento come un normale lavoro di tipo amministrativo e che sia da IRRESPONSABILI lasciare operare, con soggetti in tenera età, persone ormai prive (per questioni bio-anagrafiche) di energie, entusiasmo e prontezza di riflessi.

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