Intelligenza bambini, l’olio di pesce funziona davvero?

di Redazione 0

L’alimentazione influisce sullo sviluppo di memoria, intelligenza, facoltà intellettive? In particolare quanto conta l’assunzione di determinati cibi ricchi di determinati nutrienti nel corso della gravidanza, su quella che sarà la capacità di apprendimento, l’intuito ed il ragionamento del bambino? Se lo è chiesto un recente studio effettuato da un’équipe di ricercatori afferente all’Università di Granada, in Spagna, in riferimento nello specifico alle potenzialità in questo senso del tanto decantato olio di pesce che si dice favorisca l’intelligenza del nascituro se consumato dalla madre durante i nove mesi della gravidanza.

La ricerca, che è stata pubblicata sulla nota rivista di divulgazione scientifica Journal of Clinical Nutrition, ha fornito risultati che sfatano le virtù di questo alimento sul quoziente intellettivo dei bambini. L’olio di pesce, infatti, dai dati raccolti, non migliorerebbe affatto il QI. Non si registrerebbero, infatti, differenze rilevanti nell’indice di intelligenza di bambini di sei anni, in età scolare dunque, nati da madri che hanno assunto integratori in gravidanza ed in quelli nati da donne che non hanno consumato pillole di olio di pesce prima del parto.

Si ritiene che gli acidi grassi come l’acido docosaesaenoico (DHA) presente proprio nel pesce siano molto importanti per lo sviluppo del feto. I ricercatori hanno chiesto ad un gruppo di future mamme, per verificarne i benefici sul campo, di assumere nella seconda metà della gravidanza alcune olio di pesce, altre anche acido folico, altre ancora solo acido folico ed infine un ultimo gruppo un placebo.
I 154 bambini nati da queste madri sono stati analizzati sette anni dopo dai ricercatori, sottoposti a test per valutarne l’intelligenza. Ebbene, indipendentemente dagli integratori assunti o non assunti dalle madri, i partecipanti avevano livelli abbastanza simili di QI. Non è l’olio di pesce, insomma, che fa la differenza ma gli acidi in sé assunti a lungo termine.

La dottoressa Campoy, coordinatrice della ricerca, ci tiene infatti a sottolineare che

Questi risultati non dicono che gli acidi grassi come il DHA non sono importanti. Il risultato potrebbe riflettere l’assunzione di DHA delle madri da varie fonti nel corso di un periodo di tempo più lungo, e potrebbe significare che l’assunzione di acidi grassi a lungo termine sia in realtà più vantaggiosa che non ricevere integratori solo nel corso della gravidanza.

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