Quanto vale la puntualità? I ritardatari costano 22 miliardi di euro all’anno

di Francesca Spano 0

Sei un ritardatario? Secondo una  nuova ricerca rischi di essere molto più costoso per la tua azienda dei tuoi colleghi sempre in orario.Un nuovo libro racconta di quanto vale la puntualità, mostrando dati inimmaginabili. Sarebbe meglio che il tuo capo non ne venisse mai a conoscenza, altrimenti per te potrebbero arrivare i primi guai. La virtù sul posto di lavoro, a cominciare dal fatto di arrivare qualche minuto prima potrebbe portare ad un recupero di un punto e mezzo di prodotto interno lordo. In totale, lo Stivale perderebbe circa 22 miliardi di euro in questo modo ogni anno e il dato è scoraggiante. Potere alle sveglie, forse, bisognerebbe tenerle vicino al letto quasi come un oggetto sacro, in grado di mantenere salda la propria posizione in ufficio.

In realtà, non si tratta solo dell’arrivo al lavoro. Sarebbero, in generale, gli appuntamenti a cogliere impreparati gli italiani. La linea comune sarebbe quella di giungere sempre un po’ dopo e al termine di studi, osservazioni e conferme, Andrea Battista, presidente di Ypo (associazione che riunisce presidenti e amministratori delegati under 45) ha deciso di pubblicare tutto nel libro “Elogio della puntualità”, scritto insieme con l’artista Marco Ongaro.

La mancanza di puntualità, andrebbe conteggiata dunque in termini di Pil e, con il trascorrere dei mesi, avrebbe un peso non indifferente. Si arriverebbero a perdere circa 1,5 punti percentuali, appunto 22 miliardi di euro. Questo puntando sui calcoli e sulla matematica, senza dimenticare che il ritardo può essere considerato segno di cattiva educazione e mancanza di rispetto.  Il problema è soprattutto per chi attende che perde del tempo, mentre potrebbe impiegarlo diversamente, per riposarsi o, soprattutto, per produrre. Nello specifico, a causa della non puntualità altrui, ogni italiano spreca circa venti minuti e al massimo ne recupera dieci. Nello studio, sono stati presi ad esame almeno 20 milioni di persone, tutti in qualche modo impegnati lavorativamente. Un altro metro di paragone è fornito  dalle quantità di ore lavorative per individuo, in base al valore di tempo lavorativo. Una serie di complessi calcoli, porterebbe a confermare che l’Italia perde tra 1,5 e 2,6 punti percentuali di Pil l’anno, con una cifra che se parte dagli ormai noti 22 miliardi di euro, potrebbe sfiorare anche punte di 44. Cosa fare allora per invertire il processo? Bisognerebbe cambiare a partire dai manager e capi d’ufficio. Loro non possono proprio permettersi ritardi, anche per dare il buon esempio ai dipendenti.

 

 

 

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