Trasgressioni altrui giudicate più severamente se osservati

di Redazione 1

Trasgressioni altrui, nello specifico attività eticamente illecite: come ci rapportiamo al comportamento scorretto degli altri? E come cambia il nostro modo di reagire e di giudicare chi si comporta male in base alla presenza o meno di altri osservatori che stanno a loro volta guardando come affrontiamo la situazione? Se lo è chiesto un recente studio condotto da un’équipe di ricercatori afferente all’Università di Sydney in Australia. La ricerca, che è stata pubblicata sulla nota rivista di divulgazione scientifica Evolutionary Psychology, è stata coordinata dal dottor Pierrick Bourrat.

Gli autori hanno monitorato un campione di volontari, divisi in due gruppi. Tutti i partecipanti sono stati invitati ad esprimere il loro giudizio su due azioni moralmente riprovevoli: trattenere i soldi di un portafoglio ritrovato per strada; dichiarare il falso in un curriculum vitae. Insieme al test ad un gruppo è stato consegnato un disegno che rappresentava un mazzo di fiori ed all’altro gruppo la raffigurazione di un paio di occhi. Dai risultati, come spiega lo stesso Bourrat, si evince che

La gente tende ad esprimere maggiore disapprovazione quanto più tiene alla propria reputazione.

Infatti, chi aveva ricevuto il disegno con gli occhi insieme al test, aveva dato un giudizio decisamente più severo sulle trasgressioni prese ad esempio. Per gli autori questo atteggiamento potrebbe dipendere poprio dalla percezione di essere osservati e di doversi dunque comportare come ci si aspetterebbe da chi è moralmente integro, ovvero indignarsi per quanto si osserva di sbagliato.

Come sottolinea lo stesso Bourrat, si tratterebbe di meccanismi che si attivano nel nostro inconscio e che non percepiamo neanche ma che hanno un’influenza enorme sul nostro modo di agire e su come giudichiamo le azioni degli altri.

L’immagine degli occhi potrebbe aver innescato norme morali interiorizzate, conclude l’esperto, oppure aver attivato dei meccanismi mentali che si attivano ogni volta che pensiamo di essere osservati.

[Fonte: ASCA]

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