Natura, toccasana per la sovraesposizione tecnologica

di Redazione 1

 

Chi è che in tempi recenti riesce ad avere un distacco netto dalla tecnologia? In pochi…veramente in pochi. I tipi più nervosi, anche in vacanza quest’anno hanno dimostrato di andare a controllare la posta in continuazione e soprattutto di andare a leggere di continuo sul display del cellulare l’eventuale presenza di una chiamata oppure di un messaggio. Il termine che viene utilizzato dagli studiosi è improcrastinabile. Ciò che è superfluo viene considerato di continuo urgente, e tutto questo a seguito del continuo flusso di informazioni a cui la nostra memoria è costretta a ricorrere insieme alle capacità costanti di apprendimento.
Per affrontare questo studio, ci sono voluti 5 neuroscienziati americani, insieme ad un reporter del New York Times che hanno deciso di affrontare questa vacanza nello Utah per capire se la completa immersione nel relax e soprattutto nella natura, riuscisse ad aumentare le proprie ancolazioni d’ansia per poter rilassare la mente ed invertire tutti gli effetti negativi che lo stress da sovraesposizione tecnologica provoca negli individui. Nel gruppo dei cinque c’erano sia personaggi che credevano nell’effetto della natura sia chi non ci credeva ed era semplicemente scettico, utilizzando tranquillamente tutti i gadget tecnologici in suo possesso.


Interessanti i risultati. A parlarne David Strayer, professore di psicologia all’Università dello Utah (credente nella natura) che ha dichiarato: “L’attenzione è il cuore di tutto; tutto quello di cui siamo coscienti, tutto quello che apprendiamo, ricordiamo o dimentichiamo, dipende da essa. Capire come funziona il meccanismo della concentrazione, potrebbe essere d’aiuto nella cura di varie malattie, come schizofrenia, depressione e la sindrome da deficit di attenzione”.
Il multitasking intellettuale ha quindi un effetto molto negativo sulle performance del cervello, realizzando una cosiddetta “memoria di lavoro” che non è per niente funzionale per la salute della mente. La soluzione dovrebbe venire dagli studi in questa direzione secondo Todd Braver, professore di psicologia della Washington University di St. Louis. Il tutto sarebbe mappare il cervello per capire anche in una “condizione urbana” si possa centrare il punto da focalizzare per distendere la propria mente. Forse a qualcuno farebbe bene anche la lettura di Bertrand Russel, Elogio dell’ozio.

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