Siate felici e vivrete più a lungo

di Redazione 1

 

La gioia di vivere cos’è? Potremmo darne sinceramente una definizione che non sia da dizionario? La letteratura, la filosofia e in tempi più recenti la psicologia clinica, hanno indagato l’animo umano quasi esclusivamente per le sue interazioni con il dolore e come questa condizione influisca nelle scelte e nelle percezioni.

Negli ultimi anni però una branca della psicologia s’è posta l’obiettivo di studiare, comprendere ed analizzare il benessere psicologico e ciò che lo determina.

Inutile sottolineare (ma con un po’ di buon senso lo riconosciamo tutti) che la “contentezza di sé” non è certo determinata dall’agiatezza economica e da una particolare e brillante carriera.

La marginalità di questi aspetti ne escono rinforzati dalle ricerche che Martin Seligman, docente di psicologia dell’Università della Pennsylvania ha condotto. Vi sono persone contente anche tra i poverissimi del mondo e la felicità paradossalmente non “si lascia condizionare” dall’essere in salute, dall’età o dalla piacevolezza fisica né dalla cultura.

 Ora però, se si può ragionevolmente asserire che tali fattori contribuiscano almeno in parte alla nostra serenità, ciò che realmente ci consente di star bene è la volontà di porsi con un atteggiamento positivo (e quindi è importante far leva su se stessi e il proprio carattere perché ciò accada) verso la vita, non è infatti una banalità sostenere che solo in questo modo è possibile superare i momenti più difficili. Diversamente il pessimismo, il vittimismo, la resa incondizionata alla sofferenza ne determina una ben più grande e offre pochi spunti ad una soluzione concreta delle proprie problematiche.

Purtroppo, adeguandoci ad una società che esalta l’individualismo più feroce e legata a filo doppio alla ricchezza (e beninteso non al benessere che è diversa categoria), siamo diventati edonisti, narcisisti e il piacere pare sia l’unico motivo di reale soddisfazione anche intima. Poco o nulla influenzati dal fatto che il progressivo crescere del reddito dal dopoguerra ad oggi, ci consenta lussi e vizi inimmaginabili in un passato neanche troppo lontano, ci rende instancabili “consumatori di piacere”.

Questo, inseguito, ambito, una volta realizzato non fa che creare un illusorio stato di appagamento che si conclude molto velocemente sprofondandoci uno stato di grande frustrazione e irrequietezza. Cercare di replicarlo, è assolutamente inutile. Intervengono degli inibitori che bloccano la produzione di serotonina: i neuroni infatti si attivano solo se ci sono nuove informazioni.

La verità è che non è difficile ritrovarsi insoddisfatti e scontenti, per cui proprio in virtù del fatto che l’infelicità ci conosce molto bene e ci fa visita spesso, è importante che ci si “strutturi” alla felicità, cercandola e costruendola quotidianamente.

Ma in che modo? Iniziando a guardare alle cose con ottimismo ad esempio, Tutte le ricerche condotte in questo campo hanno dimostrato che le persone ottimiste vivono di più e non solo, godono mediamente di buona salute e hanno delle relazioni serene (non solo di coppia). Essere ottimisti, non significa condursi in modo ottuso, negando le situazioni difficili, mentirsi sullo stato delle cose quando non vanno bene, bensì essere in grado di assumersi le proprie responsabilità con spirito critico e con la tranquillità di chi è consapevole che ai problemi quasi sempre esistono delle soluzioni in grado di farceli superare.

Controproducenti ed estremamente negativi sono i sentimenti di invidia e di autocommiserazione, perché se è pur vero che in alcuni casi c’è chi ha avuto meno di altri, la serenità psicologica si ottiene solo focalizzandosi su ciò che di buono è nelle nostre risorse e non può essere scevra di considerazioni riguardo il futuro, adoperandosi così a renderlo migliore. Sarebbe auspicabile anche una benevola predisposizione verso gli altri, l’altruismo infatti rafforza l’autostima e ci rende psicologicamente meno fragili.

Bisognerebbe inoltre mettere passione nel proprio lavoro, ora è evidente che la crisi, non solo non ci consente di scegliere ma spesso ci priva di una vera e propria realizzazione personale, cerchiamo nonostante tutto ed anche se è estremamente faticoso, di mettere un po’ di noi in tutto ciò che facciamo, in questo modo lo sentiremo più “nostro” e sarà di sicuro meno noioso e pesante.

Non temiamo dunque di metterci in gioco, chi non vive né agisce per il timore di fallire, difficilmente sarà felice e concretizzerà a pieno il suo potenziale.

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