Fobia e ansia si gestiscono meglio imparando a “leggere” il corpo

di Gianluca Molinaro 2

La paura di parlare in pubblico, della morte o dei ragni sono fobie molto diffuse tra la popolazione e i ricercatori sono impegnati nel trovare terapie e soluzioni per aiutare quelle persone la cui presenza di tali ansie causa significativi problemi a livello relazionale. Un nuovo studio sull’argomento ha dimostrato come il considerare in maniera diversa i segni dello stress (le mani tremanti, il battito del cuore, i palmi sudati) può offrire alle persone che soffrono di fobia un’occasione per gestire in maniera più efficace la situazione.Secondo Jeremy Jamieson, l’autore principale di questo studio e professore di psicologia all’University of Rochester, le persone tendono a considerare le sensazioni di stress in maniera negativa, come un avvertimento che qualcosa di brutto sta per accadere. A detta del professore,

 “Quei sentimenti ci dicono che il nostro corpo si prepara ad affrontare una situazione impegnativa. Il corpo sta ordinando risorse, come pompare più sangue per i nostri principali gruppi muscolari e fornire più ossigeno al nostro cervello.”

Il nostro corpo, quindi, reagisce allo stress di natura sociale come quando attiva le risposte fisiologiche per fronteggiare una situazione che coinvolge l’istinto di lotta o di fuga. Durante l’esperimento i partecipanti, 69 adulti di cui la metà con una storia legata a problemi di ansia, dovevano pronunciare un discorso di cinque minuti, relativo ai propri punti di forza e debolezza, e avevano a disposizione solo tre minuti per prepararlo. Tutti i soggetti sono stati assegnati in maniera casuale a due gruppi: la metà circa riceveva delle informazioni il cui obiettivo era quello di reinterpretare, in una chiave positiva, i segnali provenienti dal corpo poco prima del discorso davanti al pubblico. Al gruppo, inoltre, è stata offerta la possibilità di leggere i riassunti di tre studi di psicologia che hanno dimostrato i benefici dello stress; l’altro gruppo, al contrario, non riceveva alcuna informazione. Ad ascoltare i soggetti durante il discorso c’erano due giudici che di proposito dovevano fornire un feedback negativo durante la prova, per esempio scuotendo la testa in segno di disapprovazione o esibendo uno sguardo impassibile.

Di fronte al feedback negativo mostrato dai giudici, i partecipanti che non hanno ricevuto la preparazione hanno vissuto tale comportamento come una minaccia, al contrario il gruppo che era stato preparato sui benefici dello stress ha eseguito la prova in maniera migliore. Dallo studio emerge inoltre come gli individui che soffrono di disturbo d’ansia sociale, nonostante manifestino una maggiore apprensione, non registrano livelli più elevati di eccitazione fisiologica rispetto ai non ansiosi. Questa apparente contraddizione secondo gli autori supporta la teoria secondo la quale la nostra esperienza di stress acuto è condizionata da come interpretiamo i segnali provenienti dal nostro corpo. Come sostiene il professor Jamieson, siamo noi a costruire le nostre emozioni.

Foto Credits | Glamlife-studentportal on Flickr

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