Psicologia del pianto, quando piangere è liberatorio

di Redazione 0

Il pianto è vissuto in modo profondamente diverso da ogni individuo. C’è chi usa le lacrime come canale di sfogo nei momenti difficili, valvola del dolore, scarico della tensione, chi piange negli istanti di gioia incontenibili e c’è chi si vergogna quando una lacrima, e solo una, riga il volto, come si trattasse della testimonianza concreta, che scorre, di una debolezza che si vuole ad ogni costo nascondere, tenere dentro.

Piangere equivale senza dubbio ad esternare delle emozioni, positive o negative che siano. Ma quando il pianto è davvero liberatorio? Se lo sono chiesti tempo fa due psicologi della University of South Florida, Jonathan Rottenberg e Lauren M. Bylsma, realizzando uno studio sulla psicologia del pianto in collaborazione con JJM Vingerhoets della Tilburg University, ricerca pubblicata dalla rivista di divulgazione scientifica Psychological Science.

Nell’analisi del team di psicologi è stato coinvolto un campione di pazienti, al di fuori delle sedute, per un totale di 3000 episodi di pianto raccontati, nel dettaglio, agli esperti.
La scoperta più rilevante degli studiosi ha riguardato l’evenienza in cui si scatena il pianto: è tutto lì il segreto dei benefici delle lacrime sulla psiche.

Piangere era liberatorio in presenza di amici, parenti o comunque persone care, vicine, che intervenivano per offrire un supporto e soprattutto ascolto, la cosiddetta spalla su cui piangere. Dopo lo sfogo i pazienti riferivano di sentirsi meglio.
Al contrario, se il pianto era avvenuto in presenza di estranei, i partecipanti al sondaggio non riportavano alcun miglioramento, tutt’altro, il loro umore talora peggiorava per via dell’imbarazzo di aver mostrato emozioni così intime e debolezze a degli sconosciuti.

I benefici del pianto erano inoltre più evidenti nelle persone affette da ansia che tramite le lacrime spesso riescono a calmarsi e a tornare in sé.
Per gli psicologi, occorre vivere il pianto come un evento positivo, di liberazione dalle emozioni negative e catarsi, scongiurando il rischio d’isolamento che ci porta a chiuderci ancora di più in noi stessi, nascondendoci attraverso lacrime silenziose quanto aride.

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