Per cogliere le emozioni di chi ci sta di fronte non ci vuole sicuramente una sensibilità spiccata, bastano le caratteristiche base dell’essere umano. Il discorso cambia se abbiamo a che fare con dei bambini autistici, perchè per capire il significato di un gesto comune oppure di una difficoltà, loro trovano delle enormi difficoltà.
L’esempio base è nel sorriso, che dimostra gioia e può essere rielaborato come una smorfia. Emmanuelle Rossini della SUPSI (Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana), ha lanciato una nuova metodica, basata invece sull’interazione dei bambini autistici con dei pupazzi animati mossi da uno psicoterapeuta.