Dipendenza affettiva da curare

La dipendenza affettiva è stata discussa da molti autori come il così detto “mal d’amore” o meglio “intossicazione d’amore”, o meglio ancora “droga d’amore”. Questa patologia è una forma di dipendenza a tutti gli effetti, e come tale va presa, non nascosta e curata soprattutto con l’aiuto di chi ci è vicino. Per questo motivo, di ordine psicologico, ci conviene cominciare a fare però alcune distinzioni importanti onde evitare di compiere un errore lessicale e far diventare patologico anche un momento particolare transitorio della vita dell’individuo. Infatti, ci sono delle fasi di dipendenza affettiva nella vita di una relazione che sono normali e non vanno curate.

La dipendenza affettiva, viene indicata solitamente come una sofferenza legata ad uno statu affettivo nei confronti di un oggetto d’amore che non è disponibile oppure che non ci da la stessa quantità d’amore, intesa anche come fiducia, stabilità, serenità ed enfasi affettivo.

Respirare per essere sereni

Oggi affrontiamo un argomento che potrebbe essere interessante per molte persone che soffrono di ansia e stress: il respiro corretto.
Respirare bene è infatti una cosa fondamentale per essere sereni e portare fuori dal nostro organismo tutte le tossine negative e di seguito anche i pensieri negativi. L’ossigenazione, infatti, tocca l’intero organismo e fa rivivere le cellule e da input di vita nuova a tutti gli organi. Lo stress quotidiano di una vita frenetica, ci porta sempre ad avere un respiro che può sembrare affannoso e soprattutto e scorretto sia per il nostro corpo che per la nostra mente che così non si distende e non si rilassa.

Respirare male, come dicevamo in testa porta a sintomi quali l’ansia, lo stress, la depressione, la mancanza di autostima, oltre a questioni meramente legate al fisico come l’invecchiamento delle cellule, i problemi alla digestione, gli enfisemi polmonari, le emicranie e quanto altro.
Di conseguenza per respirare bene è utile comprendere l’utilizzo di un nostro organo che per quanto sia indipendente, possiamo essere noi a regolarlo. Stiamo parlando del diaframma. Questo organo che si trova nella pancia, e non nel torace come in molti credono è importante sia per il nostro corpo che per la nostra psiche.

L’amore tra parenti

Oggi parliamo di un argomento che potremmo definire tabù sin dai più antichi tempi, e che ancora oggi, seppur la nostra modernità ci ha portato ad accettare qualsiasi tipo di perversione, rimane uno degli ordini più scottanti da toccare.

Il tutto parte da un presupposto fisico e chimico legato ai sentimenti e soprattutto all’attrazione fisica. Queste due entità, possono essere così forti, al punto da essere incontrollabili e possono portare anche la persona tra le più razionali ad uscire fuori da ogni limite ed andare quindi a colpire individui legati ad altri che sono legati da un legame di parentela anche molto stretto.

Delusione d’amore, un dolore fisico oltre che psichico

 Le delusioni d’amore fanno male al cuore ed al corpo. Se pensavate che le pene d’amore si limitassero ad un dolore dell’anima, muto e sordo agli stimoli alla vita ed all’allegria provenienti da chi cerca di scuoterci dal nostro torpore sentimentale dall’esterno, l’amara sorpresa, e forse neanche tanto stupefacente, è che essere lasciati, soffrire per amore, tormentarsi per chi ci ha ferito e deluso, fa male sul serio, anche al resto dell’organismo.

Lo rivela un recente studio effettuato da un’équipe di ricercatori americani che ha cercato di far luce sul dolore fisico delle pene d’amore. Il team di ricerca, afferente alla Columbia University, nello studio, pubblicato dalla rivista di divulgazione scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences, ha cercato di trovare una risposta a domande sulle ferite sentimentali. A cosa assomigliano? Come ci si sente, dentro e fuori? Cosa si scatena nel nostro cervello quando soffriamo per amore?

Giovani e mestieri: aspettative psicologiche

Oggi parliamo delle modifiche che sono poste allo stato psicologico ai giovani dall’attuale società, per quanto riguarda il futuro, i mestieri e le professioni. Partendo dal presupposto che ogni ragazzo ha le sue idee chiare o meno sul futuro e soprattutto dalle influenze che arrivano dal proprio percorso di vita, dalla televisione, dalle esperienze in famiglia e quanto altro, andiamo a vedere che le variabili sono veramente tante per scoprire qual è veramente il desiderio nascosto di ogni giovane per capire cosa vogliono fare da grandi.

Per un recente studio tutto italiano, è stato importante però fare il censimento dei sogni con gli studenti di Pinerolo, provincia di Torino, in Piemonte.

Tecnodipendenza, quando l’aggiornamento tecnologico diventa schiavitù

 Un fenomeno in aumento, quello della tecnodipendenza, che spinge una fetta sempre più larga di popolazione a cadere nella morsa di una schiavitù psicologica tanto bizzarra quanto pericolosa: il desiderio spasmodico di aggiornarsi continuamente, di essere sempre informati di quanto accade nel mondo virtuale. Spesso questa voglia irrefrenabile di correre ad aggiornarsi e di ottenere l’ultimo modello hi-tech non è nemmeno giustificata da motivi di lavoro o da necessità concrete di ricevere informazioni.

Ad essere più colpiti sono gli individui di sesso maschile di età compresa tra i 35 ed i 55 anni. Spiega Tonino Cantelmi, docente di psicologia dello sviluppo dell’Università Lumsa di Roma che queste persone non possono fare a meno di aggiornarsi continuamente

e di dotarsi dell’ultima novità, perché per loro la tecnologia è un’estensione della propria mente, una parte di sè: non hanno scampo, sono costretti a seguire il mercato.

Depressione da Facebook

 Sul popolare social network le ricerche si sprecano. Ne sono state dette di cotte e di crude sul ruolo di Facebook sulla psiche e nella vita relazionale: visitare il profilo aumenta l’autostima o ancora che troppo tempo trascorso ad aggiornare gli stati e a produrre qualcosa su di sè, esposti al giudizio altrui, può creare ansia e stress in chi ha troppi amici e non riesce a soddisfare le loro aspettative.

L’ultima, in ordine di arrivo, ma non certo meno interessante, è quella che associa Facebook alla depressione infantile e adolescenziale. Ad effettuarla un’équipe di ricercatori della American Academy of Pediatrics.

Teorie di prevenzione del suicidio

Tempi moderni e soprattutto tam tam quotidiano, oltre che problemi, la crisi incessante, stanno portando alla devastazione della fiducia e dell’autostima dei uomini. Purtroppo si sente sempre più spesso un costante aumento delle notizie relative a persone che si sono suicidate perché non arrivano a fine mese, oppure che non riescono ad andare avanti per motivi personali e decidono di fare il malsano gesto del togliersi la vita.

Di recente è stato pubblicato lo studio integrale del Dott. Marco Baranello, scienziato psicologo e fondatore della teoria emotocognitiva, sulla comprensione e prevenzione del suicidio, dell’ideazione al suicidio e dei pensieri di suicidio.
E proprio di questo oggi vogliamo parlare. L’articolo è stato pubblicato di recente sulla rivista scientifica PsyReviw in forma completa ed è raggiungibile dal portale www.psyreview.org.

Uomo di Neanderthal, genitore DOC

Oggi facciamo un excursus temporale per vedere come è cambiato nel tempo il modo di educare, come sono cambiati i genitori e che cosa avviene con il progresso nelle forme di educazione da parte dei genitori verso i figli. La figura del genitore sarebbe cambiata nel tempo, ed evoltasi insieme alla tecnologia.
A parlarne è Darcia Narvaez, docente di psicologia dell’Università di Notre Dame, nell’Indiana. La sua accusa sarebbe contro i genitori del nuovo millennio che avrebbero perso la genuinità rispetto ai genitori di Neanderthal.

Sicuramente una provocazione quella lanciata in questo studio, dove si parla a partire dalla nascita, della figura della donna di Neanderthal, che allattava il figlio fino a 5 anni e che facendo un parto naturale, le era permesso di produrre degli ormoni necessari, per affrontare la cura del figlio per tenerlo quieto e coccolato. La ricerca quindi, mette sotto accusa i nuovi mezzi di intrattenimento, rivelando che i genitori moderni tendono a compensare (o almeno a cercare di farlo) la propria assenza durante la crescita a causa dei ritmi della vita con i mezzi hi tech che sono TV, videogames ed Internet. Purtroppo si legge anche che il contatto fisico tra i bambini ed i genitori è sempre inferiore, al punto che leggiamo che i genitori:

Bunker come riparo psicologico

Oggi parliamo di una situazione che sta mutando la psiche degli esseri umani e legata principalmente alla cronaca ed all’attualità. L’avvicinamento del 2012 legato alla profezia dei Maya, la catastrofe in Giappone a seguito del terremoto e dello tsunami, il conflitto incalzante in Libia e tante altre cose che non vanno bene, stanno facendo si che gli esseri umani siano sempre più preoccupati del proprio futuro.

L’Apocalisse che si avvicina (secondo le dicerie), sta a significare che la psiche degli uomini è sempre più fragile ed il popolo americano sembra aver trovato una soluzione per questo enigma: comprare un bunker.

Sesso contro l’infarto

Se il sesso è considerato uno dei tabù per eccellenza, oggi vediamo il godimento fisico sotto un altro punto di vista, più psicologico, ma soprattutto legato al mondo dello stare bene oltre il mero godimento fisico.
Da una recente ricerca effettuata dai ricercatori del Tufts Mediacal Centre e della Harvard School of Public Health, basati su dei casi reali di pazienti del centro, si è scoperto che fare poco sesso può portare ad un infarto. Non fare l’amore è stato infatti uno dei casi che ha portato gli individui analizzati ad avere uno status di infarto.

Il sesso al maschile fatto sia con il proprio partner o con l’amante (anche se in questo caso può portare ad altri problemi), secondo quanto si legge dallo screening della ricerca, potrebbe essere un metodo infallibile per ridurre notevolmente la percentuale ed il rischio di infarto. Ovviamente data la situazione, il sesso con il partner è di sicuro un aiuto, mentre il sesso fatto con l’amante di turno potrebbe essere a volte anche controproducente perché l’ansia e lo stress del passare una notte oppure di fare una sveltina senza tranquillità, lontano dal letto oppure con l’ansia di essere scoperti, potrebbe veramente essere un problema per il cuore.

Lavoro, come trasformare un sorriso falso in un sorriso vero

 Il clima disteso e sereno sul lavoro è un po’ come la famiglia del mulino bianco: esiste solo negli spot o comunque l’idillio spesso è temporaneo e può rompersi facilmente con l’ingresso di un nuovo membro in ufficio, l’arrivo di un nuovo capo, un progetto che mette tutti sotto pressione e fa perdere la calma anche ai caratteri più pacifici e gioviali. Spesso, anche se non lo esprimiamo con le parole, la nostra espressione trasuda ostilità a go go il che potrebbe rendere l’atmosfera ancora più rovente e tesa e compromettere la nostra produttività sul lavoro.

E allora che fare? Come sorridere ai clienti più burberi e saccenti, al collega antipatico e presuntuoso o al capo prepotente? In molti ricorrono al sorrisetto stereotipato, falso come la plastica, dipinto in viso per tutto l’orario lavorativo, forzato con un’evidenza che ha dell’imbarazzante.

Amici, quanto li conosciamo davvero?

 Amicizia: quando si può affermare di conoscere veramente una persona cara? Semplice: quando riusciamo a capire cosa pensa nelle più svariate situazioni. Un piccolo esercizio per capire quanto conosciamo un amico consiste nel provare a rispondere sul suo modo di vedere il mondo. Ad esempio, se sappiamo cosa pensa quando qualcuno si sente a disagio, quando una persona agisce in maniera riprovevole spinta dalla necessità e così via discorrendo.

Saper rispondere a questo genere di interrogativi potrebbe fare la differenza in un rapporto di amicizia destinato a durare. A dirlo è un recente studio pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Psychological Science.