La diffidenza ti allontana dagli altri

  

Quante volte ci siamo chiesti di qualcuno se gli si potesse concedere la nostra fiducia, se non ci stesse invece mentendo o ancora se davvero c’avrebbe sostenuto in quel nostro progetto, idea o confronto.

La diffidenza è un misto di ansia e pessimismo e di un evento ci dà la misura del pericolo, di un fallimento. Come sostiene Maura Amelia Bonanno, antropologa culturale esperta di Enneagramma a Lavagna (Ge)Si tratta di un atteggiamento spesso sproporzionato alla situazione reale, che può inibirci e paralizzarci dal vivere pienamente. Chi è molto diffidente arriva a mettere in dubbio il positivo, a non avere un’attitudine aperta verso il mondo. Anzi, è pieno di pregiudizi”.

L’origine di tale atteggiamento come è intuibile, ha radici profonde nell’infanzia. Un pioniere nell’indagine dello sviluppo infantile e quindi dei comportamenti che condizioneranno il bambino anche da adulto, è stato lo psicanalista americano Erik Erikson che nei primi anni cinquanta con l’espressione “fiducia di base” e “sfiducia di base”, ha definito la fase dello sviluppo che dalla nascita va fino ai due anni d’età, un momento particolare, in cui il bambino avverte la “benevolenza” del mondo, sentendosi accolto.

L’autocritica quando è costruttiva ti rende più forte

Quante volte ci siamo avviliti, boicottati, intimati la resa “Non ce la farai mai anche se ti impegni, non puoi riuscire”. Innumerevoli volte ci siamo ripetuti frasi come questa, può capitare ma non indugiamoci. L’ autocritica svalutativa è uno di quei meccanismi psicologici che se intervengono spesso nella nostra vita diventano motivo di depressione. L’ argomento è stato affrontato nel 2004 da un gruppo di psicologi inglesi, guidati da Paul Gilbert della Mental Health Research Unit del Kingsway Hospital di Derby, e pubblicata sul British Journal of Clinical Psychology. Lo studio evidenzia come questo tipo di autocritica, crei delle dolorose spaccature nella psiche, perché se è vero che una parte di noi ci allontana ansiosamente da una situazione di cui ne paventa (quasi sempre in maniera ingiustificata ) il “pericolo” , dall’altra sussiste – dato che è insita nell’uomo – la volontà e il desiderio di superare un proprio limite. La scelta finale sarà determinata dal confronto/scontro di queste due istanze che ne determineranno l’azione o l’inerzia. Per dare un’idea di questo meccanismo, soprattutto in coloro che soffrono di depressione, alcuni ricercatori hanno applicato la tecnica del role-playing che mostra come il conflitto esploda in maniera evidente. E’ una sorta di psicodramma in cui viene utilizzata la “tecnica delle due sedie” su cui i pazienti sono invitati ad accomodarsi. Una volta occupata la prima, dovranno comunicare le autocritiche svalutative mentre sulla seconda, manifestare il desiderio di riuscita e resistenza. Il conflitto interiore in questo modo si palesa e talora anche molto violentemente: è per i terapeuti è il momento ideale per intervenire e lavorare successivamente sullo sviluppo della capacità di “promozione”, arrivando a contrastare la profonda incapacità e realizzarsi positivamente. Naturalmente non tutte le forme di autocritica sono dannose, anzi la capacità di analisi profonda del sé è – per chi la possiede – una grande risorsa ma non deve tralasciare la propria implicita funzione costruttiva, un atteggiamento responsabile offre la reale possibilità di non ripetere gli errori, quella che invece è perpetrata con disfattismo e vittimismo, oltre a creare un’intensa frustrazione e infelicità, tende a reiterare atteggiamenti sbagliati, ci riduce all’impotenza e alla rabbia.

Con il linguaggio non verbale si comunica di più e meglio

 

  

Interpretare, osservare e infine approfondire uno sguardo, arricchisce moltissimo e soprattutto affina la capacità di guardare alle cose, al mondo: offre nuove chiavi di lettura, altri codici.

Siamo tutti bene o male consapevoli che esistono atteggiamenti o comportamenti che ostacolano l’interazione con gli altri, anzi bisogna sottolineare come la comunicazione non verbale risulti di fatto un “codice di controllo” delle “relazioni non verbali”; pertanto è un vero peccato che in questa direzione manchino dei veri e propri studi scientifici.

Chi desidera imparare questo linguaggio, dovrà procedere naturalmente per gradi, cercando di carpirne i significati solo apparentemente celati da “ciò che non si dice”. L’obiettivo che ci si deve porre è il desiderio di allargare, rendere più profonda la conoscenza di sé.

Dimmi dove abiti e ti dirò quanto sei felice…


La felicità non dipende solo dalla nostra vita e dai nostri pensieri, ma è anche influenzata da altri fattori, come ad esempio la cultura in cui siamo immersi, il benessere economico e il grado di stress presente in ciascuna società. Ma quali sono i Paesi più felici del mondo? Secondo una ricerca in Europa i campioni di felicità sono Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia e Paesi Bassi.

Siate felici e vivrete più a lungo

  

La gioia di vivere cos’è? Potremmo darne sinceramente una definizione che non sia da dizionario? La letteratura, la filosofia e in tempi più recenti la psicologia clinica, hanno indagato l’animo umano quasi esclusivamente per le sue interazioni con il dolore e come questa condizione influisca nelle scelte e nelle percezioni.

Negli ultimi anni però una branca della psicologia s’è posta l’obiettivo di studiare, comprendere ed analizzare il benessere psicologico e ciò che lo determina.

Inutile sottolineare (ma con un po’ di buon senso lo riconosciamo tutti) che la “contentezza di sé” non è certo determinata dall’agiatezza economica e da una particolare e brillante carriera.

La marginalità di questi aspetti ne escono rinforzati dalle ricerche che Martin Seligman, docente di psicologia dell’Università della Pennsylvania ha condotto. Vi sono persone contente anche tra i poverissimi del mondo e la felicità paradossalmente non “si lascia condizionare” dall’essere in salute, dall’età o dalla piacevolezza fisica né dalla cultura.

 

Chen Guorong, da barbone a celebrità

 L’informazione è fondamentale, ci aiuta a saziare la nostra sete di conoscenza a partire dalle prime ore del mattino; non sempre, però, leggere un giornale migliora il nostro stato d’animo. Anche nel caso dei tg le notizie di morte ed odio prendono il sopravvento eppure esistono anche notizie positive, come l’incredibile storia di Chen Guorong, trasformato da barbone a celebrità.

Vita di coppia, partner indifferente o affetto da decifit di attenzione?

 Se chiedete ad un vostro amico quali ritiene siano le maggiori cause di rottura o litigio nella vita di coppia probabilmente la risposta sarà la mancanza di fiducia o affetto. Quello che però spesso genera discussioni soprattutto per le coppie conviventi o sposate è l’indifferenza intesa anche per le piccole cose quotidiane; se credevate che questo comportamento nascesse necessariamente dal menefreghismo del partner vi sbagliate, potrebbe soffrire di deficit di attenzione.

I trucchi per migliorare la memoria

Non riesci a ricordare il titolo di un film che hai visto poco tempo fa? Ti dimentichi continuamente dove hai messo il cellulare? Ti presentano una persona e pochi minuti dopo hai già scordato il suo nome? Qualche piccolo problema di memoria è normale, tuttavia possiamo allenare il nostro cervello a ricordare meglio e più velocemente.

L’autostima: come diventare persone migliori

 L’autostima è lo specchio che non rimanda immagini deformate e deformanti, è la valutazione che ci diamo senza ferirci, la percezione profonda che abbiamo di noi stessi.

Gli psicologi ne danno diverse definizioni: “concetto di sé”, “abilità personale”, “autopercezione”, ma è solo in base alla considerazione che abbiamo della nostra persona, che è possibile agire nel presente e progettare il futuro.

Molte volte nel corso della nostra vita abbiamo subito arbitrariamente o costruttivamente delle critiche, inficiando o migliorando questa nostra risorsa che spesso si regge su un equilibrio precario.

Le informazioni che determinano l’autostima possono essere oggettive e soggettive e fanno capo a tre tipi di sé: il sé reale che ci consente di valutare oggettivamente le nostre capacità, il sé percepito che è il giudizio che diamo del sé reale. Non facilmente il sé reale e il sé percepito coincidono, anzi quasi mai, dando luogo il più delle volte ad errori di valutazione. Il sé ideale, è influenzato da molti fattori quali la cultura, l’età, la società, è rappresenta le nostre proiezioni, il modo in cui vorremmo essere.